Acari di Giampaolo G. Rugo

Il titolo di un testo, racconto o libro che sia: il mio grande cruccio.
Ammiro, adoro, idolatro chi, a differenza di me, ha le idee chiare nel nominare le cose che crea. E gli vengono pure bene!

Guardo Masterchef, i concorrenti devono presentare un piatto ai giudici e proporlo con un nome d’effetto (Incontro clandestino, Una sera di settembre, Il profumo di un inizio). Ecco. Quello è il momento che preferisco: la fantasia, la capacità di inventare, colpire, suggerire, stuzzicare. Me li segno su carta, sia mai che alcuni mi possano tornare utili per un racconto.

Quando finisco di leggere un libro, mi chiedo sempre il significato del titolo. Certamente alcuni sono ovvi come il sole che sorge al mattino e tramonta la sera (e ovvi come la frase che ho appena scritto), altri mi fanno pensare. E questo è il momento che adoro. Fermarmi a pensare quando ho terminato di leggere.


«Acari» Titolo di un capitolo, facile. Aspirapolvere, facile. Venditrice, facile.


Ma no! Acari è molto di più. Gli acari sono esseri mostruosi ingigantiti al microscopio che (per fortuna) non vediamo. Ma ci sono. Ovunque. Finché qualcuno non ce li fa notare, prende l’aspirapolvere, usa la spazzola ultra potente, gratta il nostro materasso (la parte della casa più intima di noi) e ce li mostra.
Giampaolo Rugo in questo libro ha mostrato ciò che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni e non vediamo: la solitudine, la morte, il successo, la frustrazione e tutto ciò che compone le nostre vite.



«Ognuno di noi è un mistero, ognuno può nascondersi in un punto dell’anima agli altri sconosciuto, in un luogo immaginario dove nessuno potrà mai trovarlo. Questo pensiero consolatorio diventa, oggi, il suo contrario: come può esserci comunanza, amore, se una parte di noi può sottrarsi all’incontro con l’altro? Eppure questo – forse – è vero per lei, ma non per lui, perché per lui non esiste nient’altro che lei e lei è il suo pensiero anche quando è sovrappensiero e Claudia è contemporaneamente la cosa da cui scappare e il posto in cui rifugiarsi».

Madame Bovary di Gustave Flaubert

ORE 20.30
“Ragazzi, vado a letto”.
“Ma se è prestissimo!”
“Sono stanca… Non riesco a tenere gli occhi aperti”.
“Dì che sei vecchia”

ORE 23.00
“Non piangere!” gli disse lei.
“Presto non ti tormenterò più!”
“Perché l’hai fatto? Chi ti ha costretta?”
Lei replicò: “Era necessario, caro”.
“Non eri felice? È colpa mia! Eppure ho fatto tutto quello che potevo!”
“Sì... è vero... sei così buono, tu!”
E gli passava la mano sui capelli, lentamente.
La dolcezza di quella sensazione aumentava la sua tristezza; sentiva l’intero suo essere crollare dalla disperazione al solo pensiero di doverla perdere, proprio ora che lei gli confessava un amore ancora più grande; eppure non trovava nulla; non sapeva, non osava, l’urgenza di una soluzione immediata finiva per sconvolgerlo definitivamente.

L’ho iniziato mesi fa, l’ho lasciato per studiare altri libri, l’ho ripreso, l’ho lasciato nuovamente. Mi sembrava sempre di abbandonare un’amica in difficoltà, di non ascoltare più le sue parole e non esserle vicina quando aveva bisogno.
Molto è stato dichiarato su questo libro e io nel mio piccolo posso dire che per la prima volta, dopo molto tempo (e libri letti), mi sono immersa nella storia, non ho pensato alla struttura, ai termini, alla costruzione, a tutte le cose che servono per un buon romanzo.
Ho pensato solo a leggere, camminare vicino a Emma, compatire l’amore smisurato di Charles, odiare Lheureux e vivere nel loro paese, come una vicina di casa seduta sotto un portico che assiste a tutto.

"Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe" di Tina Merlin

- Mammaaaa, per le vacanze devo leggere tre libri.

- Che libri ti avrà mai dato la professoressa!

- "Il fu Mattia Pascal" di Luigi Pirandello.

- Anche no. Già letto.

- "Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe" di Tina Merlin

- Gli darò una letta…

Ecco. Sono ricaduta in questo vortice di studio, curiosità, empatia, analisi della vicenda sulla tragedia del Vajont. Avevo già letto molto, guardato interviste, servizi televisivi dell’epoca e film.

Sono attratta dal comportamento umano, dalle azioni che vengono compiute per giustificare non solo un introito economico, ma anche per non dover ammettere una sconfitta, per non cambiare mai idea. Sono legata alle persone che non vengono ascoltate, che urlano inutilmente tragedie annunciate e che pagano lo scotto di errori altrui.

E poi Tina. Tina Merlin! Una donna, giornalista che scrive per “L’Unità”!

- Mamma, tu sei la solita femminista.

- Grazie Nicola…

“Nel frattempo, molti ertani sono ritornati in paese e ci rimangono anche la notte. Vien loro tagliata la corrente elettrica. Ma la piccola comunità resiste. Di giorno ricupera salme, dissotterrandole dalla frana, pescandole dal lago. Gli dà sepoltura facendo collette per comperare le bare. Di notte discute al lume delle candele, tenui fiammelle che significano vita, voglia di riattaccarci alle radici sradicate dall’immenso disastro.”

"L'ultimo raccolto" di Paolo Zardi

A volte ci si perde, ci si allontana da sé stessi e dagli altri senza neppure accorgersene e così le relazioni sfuggono al nostro controllo, le persone si allontanano per noia, disinteresse, perchè non hanno più nulla da condividere con noi o perchè noi non abbiamo nulla da dare.

L'ultimo raccolto di Mario Rossi - un nome qualsiasi su un campanello qualsiasi - è la sua ultima possibilità di riscatto, di dare un senso a quello che fino a ora non ha fatto: vivere davvero.

Solo alla fine realizzerà ogni cosa, verrà folgorato dalla verità, ma non sapremo mai se sarà troppo tardi. Un po' come nella vita...

"Ciascuno tentava di ricostruire il mondo a partire da quel niente che credeva di aver capito ma sbagliavano tutti, per eccesso o per difetto, con buona o cattiva fede. L'unica cosa certa, in tutta questa storia, è che alla fine qualcuno morirà, e quando succederà un lettore attento potrà dire che quella morte non era del tutto inaspettata".

"Neve, cane, piede" di Claudio Morandini

La montagna è la mia casa.

Dove il cuore nasce e rimane incastrato tra le fessure delle rocce, tra i fili d’erba appiccicosi, tra la resina dei pini.

Questo libro mi ha riportata alla vera natura, quella che fa male quando nevica – che non sono solo belli da vedere i fiocchi che cadono ma poi ci sono le valanghe – quella che quando piove smuove le rocce che scivolano a valle, che se il vento soffia forte un albero può cedere.

Di Adelmo Farandola ne ho conosciuti molti, uomini diversi, solitari, che a volte fanno anche paura, quelli che bucavano il pallone quando cadeva nel loro giardino, quelli che rincorrevano i ragazzi con la falce perché giocavano sul loro prato, quelli con lo stuzzicadenti sempre a lato della bocca che non salutavano mai.

La vera montagna non è quella con le stazioni sciistiche, i barbecue attrezzati, le donne vestite con grembiuli a fiori che servono cioccolate calde con panna, pattinodromi in mezzo al prato, rifugi imperlinati e fumanti di vin brulè.

Se ami la montagna, quella vera, amerai questo libro.

"Lizzie" di Shirley Jackson

"Lizzie" di Shirley Jackson è un romanzo del 1954 che affronta la tematica del disturbo dissociativo. All'epoca si sapeva ben poco di questa malattia e per questo motivo bisognerebbe approcciarsi alla lettura, non con le cognizioni che abbiamo oggi, ma più che altro come fosse una storia inventata.

Il libro si divide in sei capitoli con diversi protagonisti che raccontano le vicende dal loro punto di vista. La bravura dell'autrice è nel dare una voce chiara e differente a ognuno di essi utilizzando un lessico e un ritmo unico.

Tuttavia non sono riuscita a entrare completamente nella vicenda, a immedesimarmi nei personaggi e sentirli reali. Il finale secondo me è fiacco: il lettore viene catapultato in una situazione completamente diversa senza molte spiegazioni (dopo 300 pagine, qualcuna in più non avrebbe dato fastidio) e la sorpresa che vorrebbe creare è quasi grottesca.

"CASA D'ALTRI" di Silvio D'Arzo

Ho finito di leggere questo racconto lungo (consigliatomi da Elena Varvello durante un corso alla Scuola Holden) quasi un mese fa e ancora sto pensando come descrivere questo libricino di 70 pagine.

Gigantesco.

"Casa d'altri" è stato definito da Montale un racconto perfetto. Pare fatto d'aria,tanto che si può riassumere in due righe: un'assurda vecchia, un assurdo prete, tutta un'assurda storia da un soldo. Eppure - per la sua capacità di toccare nel profondo il senso della vita - è uno dei racconti più belli del Novecento".

Colmo di concretezza e lirismo, con echi ed evocazioni di un mondo interiore che scava tagliente.

E poi il tema centrale del racconto, il male di vivere.

Scriveva D'Arzo all' editore Vallecchi: " Quando si vive come la vecchia, il mondo non è più casa nostra, è casa d' altri; quando un uomo come il prete non ha la possibilità di far niente per aiutare la vecchia, il mondo non è più casa nostra, è casa d' altri".

Sarebbe ora di riscoprire questo autore e diffonderlo. Ne vale veramente la pena.

IL CENSIMENTO DEI LAMPIONI di Carmelo Vetrano

D'ora in avanti non guarderò più i lampioni con gli stessi occhi di prima. Una storia commovente, l'evoluzione del rapporto tra padre e figlio o meglio la conoscenza.

Noi figli a volte ci facciamo un'idea diversa di quello che sono i nostri genitori, li accusiamo, da piccoli vediamo solo i loro errori. Sebastiano ha l'occasione di rivedere e capire il passato, comprendere atteggiamenti cui da bambino assisteva ignaro, conoscere la vera indole del padre.

Un po' alla volta ogni lampione è un pezzetto di vita, rappresenta una fase, una storia. Ognuno è più o meno segnato, colpito dalle intemperie, graffiato e sbregato. In una fila perfetta di lampioni ce n'è uno, solo uno, fuori posto (e questa immagina mi è piaciuta moltissimo!).

Più si entra nel testo, più i lampioni diventavano LA storia, quasi umani, lo specchio della vita. Un'idea geniale.

"Se quei due pali erano rimasti al loro posto ci doveva essere stato senz'altro un motivo. L'essere in buono stato era già un buon motivo, ma ci doveva essere qualcos'altro: se tutti erano stati piantati nello stesso periodo, ed erano fatti dello stesso materiale, e avevano subíto lo stesso tipo di usura, allora tutti avrebbero dovuto meritare la sostituzione. E invece."

"Le stelle mobili del sottosuolo" di Enrico Prevedello

Questo libro può essere letto in molti modi.

Un libro distopico dove la realtà è surreale e i personaggi vivono un mondo completamente rovesciato.

Una trasposizione della mente umana, una lettura psicologica della vita, una metafora dell'esistenza.

Una tragica storia d'amore, di un legame malato e fortissimo.

All'inizio non ho capito niente, lo ammetto, ma qualcosa mi spingeva a continuare, a capire cosa c’era nel fondo, sotto la melma, sotto il materasso, sotto la terra. Frasi che sembrano dette per caso, tra tentativi di sopravvivere e di morire, ti precipitano nel buio più profondo che è in noi, nelle incertezze e in tutto quello che tentiamo di cancellare, ma che rimane latente, pronto a rosicchiarti la mente (‘sto Ctonio è proprio maledetto).

“...non voglio precipitare nel cielo rimuginando su come avrei potuto fare meglio”

“Aggiusto la tecnica. Piccoli colpi mirati con lo spigolo del martello dritti al cuore del seme, e tutto va in frantumi, pronto a essere impastato in qualcosa di nuovo e più digeribile”

“Un bene al mondo” di Andrea Bajani

Un bambino, una madre, un padre, una bambina con le gambe sottili. Non saprei raccontare la trama di questo libro senza deturparne la bellezza, senza perderne la poesia. Bajani ritrae e semplifica dagli occhi di un bambino l'universalità della vita, la spiritualità dell'esistenza umana.

Le parole diventano come i cartoncini di un puzzle che danno forma lentamente e con pazienza a un turbamento totale. Quando hai terminato di comporre tutti i pezzi, ti alzi dalla sedia, fai un passo indietro e non vedi più i confini, ma solo un unico grande disegno.

Leggendo questo libro mi sono sentita le parole addosso, appiccicate sulla pelle e sui vestiti, le ho viste agganciate tra loro (la “a” appesa alla “o” e la “t” incastrata nella “e”). E me le sento ancora, perché l’inquietudine, il dolore, il nostro compagno di viaggio di cui parla Bajani, rimane con noi per sempre.

“Spesso è da solo, a volte gli corre dietro il suo dolore. È un dolore ordinario, quello dell’uomo, talmente comune che a volte qualcuno gli fischia credendo sia il suo. È un po’ spelacchiato, ha il muso di un cucciolo ma la stazza di un dolore molto piú grande. A volte, purtroppo, il dolore aggredisce e l’uomo non sa mai come chiedere scusa. Per questo non sempre lo porta con sé. Per questo tutti i giorni quest’uomo si siede al tavolo, accanto alla finestra, apre un quaderno, apre una pagina nuova, e ce lo fa correre dentro”.

“Il tempo di tornare a casa” di Matteo Bussola

“Io credo che le storie servano a scaldarci quando il vento è troppo freddo, a farci sentire meno soli, a sapere che tutti, a prescindere dal treno, condividiamo lo stesso viaggio.

Servono a permetterci di incrociare sguardi diversi dal nostro. Occhi consumati dalla paura, corrosi dall’ansia, stremati dalla fretta, illuminati dal fuoco di una nascente possibilità. A veder sfilare passi rapidi e altri più lenti, alcuni indecisi e altri più convinti, come in una danza in cui ciascuno cerca la propria misura.

Ognuno di quei passi è già una storia.

Scrivere non è che un modo per accogliere il nostro dolore e quello degli altri, dargli voce, intuirvi un senso o una direzione. Offrire a questo dolore una piccola speranza. Oppure, al contrario, abbeverarsi alla fonte di una gioia altrui.

Ecco a cosa servono le storie, più di tutto il resto. A dare un senso alle nostre attese.

A farci capire che c’è sempre un treno da prendere, nonostante tutto. A farci sentire che siamo ancora in tempo. 

"Canto della pianura " di Kent Haruf

Dimmi la verità. Dico sul serio adesso.

È la verità. A volte non sono sicuro di sapere come comportarmi con te.

No?

No.

Che cosa vuoi dire? Perché?

Perché sei diversa da tutte le altre, disse lui. Sembra che la vita non ti abbia mai sconfitta o impaurita. Sei sempre cristallina, qualunque cosa accada.

Lei lo baciò. I suoi occhi scuri lo osservavano nella penombra.

Qualche volta sono stata sconfitta, disse Maggie. Ho avuto paura. 

"Benedizione" di Kent Haruf

Le persone non vogliono essere disturbate. Vogliono rassicurazioni.

Non vengono in chiesa la domenica mattina per pensare a idee nuove né tanto meno a quelle vecchie e importanti.

Vogliono sentirsi ripetere quello che gli è sempre stato detto, soltanto con qualche piccola variazione, poi vogliono tornare a casa a mangiare l’arrosto di manzo e dire che è stata proprio una bella funzione e sentirsi soddisfatti.

"Bati gli inquieti" di Stefano Redaelli

Lo studio che Antonio (protagonista e una delle voci narranti del libro) intraprende nella Casa delle farfalle porta il lettore, pagina dopo pagina, ad analizzare la follia sotto molteplici punti di vista.

Chi è sano? Chi è malato? Chi decide cosa è giusto e cosa è sbagliato?

Nella lettura di questo libro ho viaggiato attraverso la follia, mi sono commossa, stupita e anche spaventata, ma in special modo mi sono davvero chiesta chi sono davvero i pazzi.

Quelli dentro o quelli fuori!

“Mi sono chiesto perché nessuno frequenti i matti.

Ho trovato tre ragioni:

1) i matti non mentono.

2) i matti ci vedono.

3) i matti sono nudi.

I matti dicono sempre una verità.

Anche quando parlano di persone e cose che noi non vediamo, non sentiamo, che non esistono, proprio allora stanno dicendo una verità. I matti leggono l'anima.

Quando ci guardano, non ci si può nascondere.

D'un tratto dicono una cosa, magari assurda, non si sa che cosa eppure ci riguarda, parla di noi. Ci hanno visto. Io matti spogliano.

Non si può restare vestiti al loro cospetto. Nel deserto si indossano pelli di animale e si mangiano cavallette. Se ci si vuole vestire bene e nutrire in modo normale, è meglio restare a casa.

Bisogna essere idioti per non capire i matti.

Bisogna avere il coraggio di frequentarli”.

"Maida Vale" di Michele Benetello

Sarebbe facile leggere questo libro associando la bravura dello scrittore solo alle citazioni delle canzoni, ma ho visto molto di più.

Parole chiave ricorrenti ti entrano un po’ alla volta nella mente fino a riconoscerle anche se non dette. Sono nell’aria e in ciò che accade: la ruota panoramica della vita, il circolo degli eventi che ritornano, il senso di dignità e consapevolezza dei propri limiti.

Questi elementi caratterizzano fin da subito il protagonista del romanzo che ha dormito “nel letto con coperte e lenzuola gravide di rozzezza” e indossato “canottiere di lana grossa e ruvida”.

Di Londra abbiamo solo una mappa, quelle della metropolitana, ma l’aria che si respira al Nord è la stessa della capitale inglese. Nebbia, foschia, pioggia, umido: parole ripetute per indicare non solo un elemento atmosferico ricorrente, ma uno stato d’animo, un modo di essere di noi del Nord.

"Siamo uomini foschi noi del Nord Italia. Nascosti ai più, elusivi, diafani, sfuggenti, capaci di attraversarla senza ferirla, entrando nella sua bolla umida senza spezzarne l’incantesimo, armati di un mantello e scarpe grosse. Solo noi riusciamo a capirla. Non abbiamo la vitalità solare ed estroversa degli uomini del sud, no. Noi siamo rinchiusi dentro le nostre anime, abbiamo la vista acuta, camminiamo spediti per i cunicoli del cuore e delle città come rabdomanti ciechi, impalpabili e inavvicinabili. Il mio Natale stasera voglio tenermelo stretto, è pieno di goccioline depositate sopra centinaia di canzoni. Ed è mio, solo mio".

"Le italiane" di Aldo Cazzullo

Mi sono imbattuta in questo libro.

Ne riporto una frase per ricordare cosa ha vissuto chi davvero c'era. Per ricordare le mie nonne, nate nel 1920 come la Valeri. Loro, che non parlavano mai della guerra, che non dicevano mai che si stava meglio una volta, non rimpiangevano quegli anni, amavano la vita di oggi.

Loro, certe cose, le avevano vissute...

"Franca Valeri andò a guardare i cadaveri del Duce e della Petacci appesi a testa in giù a piazzale Loreto. La madre era disperata a saperla in giro da sola: in quei giorni a Milano si sparava ancora per strada. Ma lei voleva vedere se il Duce era davvero morto.

Le chiesi se avesse provato pietà.

Mi rispose di no: «Nessuna pietà. Ora è comodo giudicare a distanza. Bisogna averle vissute, le cose. E noi avevamo sofferto troppo. Per me la giovinezza incominciò il 25 aprile: una giovinezza tardiva. Ma è stata bella. In quell’Italia tutto pareva possibile».

"Wonder Boy" di Daniele Musto

Per ogni libro che leggo cerco un'immagine di Paperino (il mio personaggio preferito, sfigato ma testardo proprio come me, e sotto sotto un eroe) che dica qualcosa su quanto ho letto, su come ho recepito io la storia.   Oggi ho trovato questa: un cantastorie, erede del giullare medievale, esperto nell'arte di divertire il pubblico che viveva ai margini della vita sociale e condannato dalla Chiesa per i suoi costumi troppo liberi. Un uomo buono che ne ha passate davvero tante, preso a pugni in ogni parte del corpo, dentro e fuori, ma che canta e sorride alla vita…

“Stavo da dio! Se il mondo era sull’orlo di una guerra nucleare, totale e globale non avrei più avuto bisogno di suicidarmi, come prima cosa. Poi il mondo, visto da quella prospettiva li, era molto più bello. C'ero anch'io. Ero parte di un tutto mondiale e onnicomprensivo, di un popolo alla deriva, smarrito, sull'orlo della catastrofe. E c'ero anch'io, lì su quella barca che stava per naufragare, insieme a tutti i miei compagni di naufragio. Non ero più solo”.

"L'amore ai tempi del colera" di Gabriel García Márquez

Ebbene sì, non lo avevo mai letto (non ne avevo il coraggio). Credo che si sia detto tutto e di più su questo meraviglioso romanzo, per questo io posso aggiungere ben poco.

Una storia d'amore che fa inviadia al film "Titanic", sentimenti profondi che non penso potranno essere mai descritti nel migliore dei modi.

Un'epoca storica dettagliata nelle sue contraddizioni e atrocità.

Uno stile che amo più di qualsiasi altro, dettagliato, definito e preciso, senza essere mai prolisso o monotono. Una scrittura moderna e lineare che mi ha lasciato il segno e grazie alla quale ho imparato molto.

«Il problema del matrimonio è che finisce ogni notte dopo che si è fatto l’amore, e occorre ricostruirlo ogni mattina prima della colazione».

“Caino” di José Saramago

Un libro deve essere “disturbante”.

Non deve semplicemente disturbare le idee, scuotere l’anima per la durata della sua lettura, ma deve lasciare un tarlo, un pensiero, un dubbio, anche dopo giorni che lo hai terminato.

Il viaggio di Caino è un cammino attuale nell’oggettività della visione cristiana. Saramago non mi delude mai. Lo leggo a piccole dosi perché ogni suo libro mi rimane nelle vene e entra in circolo per molto tempo. Amo il potere disturbante che mi dà, la sensazione di disagio e impotenza che mi lascia.

«La storia degli uomini è la storia dei loro fraintendimenti con dio, né lui capisce noi, né noi capiamo lui». 

«Ci hai mai pensato all’acqua? Dicono acqua dolce, ma è una bugia».

«Ci hai mai pensato all’acqua? Dicono acqua dolce, ma è una bugia».

"L'acqua del lago non è mai dolce" di Giulia Caminito

La forza del titolo di un libro è fondamentale e credo che in questo caso sia quanto mai vero. La vita di Gaia non è mai dolce, lei stessa vorrebbe esserlo e diventarlo, ma come un serpente muta solo la pelle ("Io sto mutando come biscia al sole, perdo ingenuità come pelle morta").

Ammetto che ho impiegato molto tempo a leggere questo libro (e per me è anomalo) perchè, anche se attratta dalla narrazione, mi distraevo e perdevo tra le numerose elencazioni che rallentavano il ritmo.

Ho amato l'ambientazione geografica, ma soprattutto sociale: il conflitto quotidiano che i protagonisti affrontano per imporsi sulla vita, per non soccombere è espresso con la forza e il dolore che ti penetra nelle ossa.

«Mio fratello mi ha spiegato molte cose del paese, come il fatto che è necessario identificarsi prima di pretendere attenzione, si esiste quando gli altri hanno capito con certezza chi sei, quando rendi chiaro da che famiglia provieni, quali sono i tuoi terreni, quali le case le ville gli appartamenti, a che rione appartieni, se hai un negozio, se proponi sconti, se tieni chiusa l’attività il giovedì come è regola, se tuo fratello studia con il figlio di, che mestiere pratichi, se la Fiat rossa è tua, quella parcheggiata direttamente sul marciapiede o hai il cancello automatico, se abbassi la saracinesca quando per strada passa il carro funebre».

Chi se non noi di Germana Urbani

Chi se non noi di Germana Urbani

Chi se non noi di Germana Urbani

Ci sono frasi che, mentre leggi, ti chiedi: come fa a sapere quello che io ho sempre pensato, che anche a me accade la stessa cosa?

Dalle righe di un libro, dalle pagine che ti restando dentro nel tempo,  capisco il senso de Il viaggio di Anna perché davvero "nella vita di tutti c'è un pezzetto di ognuno".

“Entro a cercare Dio che, secondo la mia esperienza, non c’è sempre. Altrimenti sentirebbe tutto. Ma non è così. E forse vale di più se accendo una candela così, se adesso non c’è e poi torna, magari capisce che sono stata qui, che oggi è il giorno del limone e mi deve aiutare. Mi siedo. Non riesco a pregare, non mi viene in mente niente. Ci siamo già detti tutto. Sto bene qui. Questo silenzio fresco mi quieta. Farò un po’ di spesa”.

Gli aerostati di Amélie Nothomb

Durante un'intervista alla domanda I titoli dei suoi libri sono dei gioielli letterari. Perché aerostati? Amelie Nothomb risponde: «Il titolo è l’esplicazione mistica dei contenuti del libro. Nella scelta sono fondamentali due criteri: la bellezza e la chiave di lettura. È necessario scegliere sempre un buon titolo. Se non lo si trova vuol dire che quel libro non è un buon libro».

Quanto di vero in quest’opera: la letteratura, la trama, il rapporto tra i personaggi: un aerostato fragile e leggiadro, ma che potrebbe essere una bomba!

«È un altro problema degli aerostati, che ne hanno decisamente molti: sono fragili, costosi, ingombranti. Ma sono talmente belli, sembrano balene volanti, così silenziosi e leggiadri. Per una volta che l’uomo ha inventato qualcosa di poetico! L’uso bellico degli zeppelin si è rivelato una catastrofe. Un apparecchio così delicato può avere senso solo in tempo di pace».

"Una questione privata" di Beppe Fenoglio

Si tratta SEMPRE di una questione privata, in ogni pensiero, in tutte le azioni che facciamo e riceviamo, è sempre un fatto privato, personale. Questa non è solo la storia di un amore assoluto e una guerra tra i poveri, è l’immagine di singole scene che ci fanno entrare ogni volta nella questione privata. Leggendo vedevo un’immagine che poteva essere dislocata da questa narrazione, poteva essere l’inizio di un altro romanzo o la continuazione perché esisteva di per sé.

“Da stasera voglio convincermi che a partire da maggio i nostri uomini potranno andare alle fiere e ai mercati come una volta, senza morire per la strada. La gioventù potrà ballare all’aperto, le donne giovani resteranno incinte volentieri, e noi vecchie potremo uscire sulla nostra aia senza la paura di trovarci un forestiero armato. E a maggio, le sere belle, potremo uscire fuori e per tutto divertimento guardarci e goderci l’illuminazione dei paesi”.

E poi, quanta nebbia, pioggia, fango, freddo, buio. Ho sentito tutto: mi sono infreddolita dentro, sentivo il freddo nelle ossa, il bagnato sulla pelle, i capelli zuppi come Milton, i vestiti pesanti di fango.

"In che stato sono. Sono fatto di fango, dentro e fuori. Mia madre non mi riconoscerebbe".

“Lacci” di Domenico Starnone

Quanto influisce la vita di coppia nei figli! Una frase verso la fine del libro mi ha colpita molto: “I nostri genitori ci hanno rovinati. Si sono insediati nelle nostre teste, qualsiasi cosa diciamo o facciamo continuiamo ad obbedire a loro”. Questi sono i lacci di Starnone, questo è l’assurdo potere che noi genitori abbiamo verso i nostri figli: il potere di influenzare le loro vite nel bene e nel male, una responsabilità a volte troppo pesante (presi come siamo a mettere ordine in noi stessi).

“C’è una distanza che conta più dei chilometri e forse degli anni luce, è la distanza dei cambiamenti”.

"Blu" di Giorgia Tribuiani

Recensioni professionali ed esperte sono già state dette e tutte a ragion veduta, quindi io posso solo parlare per me: cosa significa quando ti svegli di notte e ti chiedi "cosa sta facendo Blu adesso?" e non puoi fare a meno di accendere il tuo kindle che tieni sotto il cuscino come la copertura di Linus e continuate a leggere fino a mattina?

"Ma i pensieri, delle volte, si producono da sé: brutti, orrendi, spaventosi, e tutto sta poi nel domarli, nel far sì che non evolvano in realtà".

"Quando tornerò" di Marco Balzano

Tre voci, un'unica vicenda, tre vite, una sola famiglia, disgregata per poter riunirsi...forse. Una realtà che viviamo ogni giorno, ma non vogliamo vedere.

"A volte mi tornano in mente quelle tre parole: Mal d’Italia. Meglio non saperli i nomi dei nostri guai, meglio consolarsi con l’idea che la sorte è crudele, il fato avverso, Dio troppo distratto da problemi piú grandi. Tutta questa verità sul mio Paese, sul mio lavoro, sulla mia vita, adesso non la riesco a reggere".

"London Fields" di Martin Amis

Non è stato semplice leggere questo libro, l'ho praticamente studiato... Inquietante, misterioso, articolato e a volte quasi indecifrabile, ma ogni parola ha un valore e un significato fino ad arrivare al ricongiungimento dei pezzi e alla risoluzione di tutto.

"La vespa non c’è piú. È andata. Ma non fuori dalla finestra. La sento sbattere contro vari oggetti. Tornerà. Mi verrà addosso. Gli insetti e la morte ti vengono sempre addosso. Prova a cacciarli via a gesti e loro ti vengono addosso. Tutte le cose spaventose alla fine ti vengono addosso".

"Stoner" di John Edward Williams

Ho imparato molto da questo libro, soprattutto la capacità d descrivere ciò che ci circonda con una precisione incomparabile che ti fa vedere le cose come fosse una fotografia.

"La nebbia tratteneva il fumo della spazzatura, che bruciava nei cortili sul retro, e mentre camminava lento nella sera, respirandone l’odore e sentendo sulla lingua il sapore tagliente dell’aria, gli parve che quel momento fosse abbastanza e che non avesse bisogno di molto di più”.