21. feb, 2022

LA DONNA “MARINE”

Se la vita di un marine uomo è difficile, quella della donna lo è ancora di più.

Il vero uomo che si vuole arruolare nei Marines sostiene duri allenamenti, prove estreme e esercizi di forza fisica fuori dal comune. Cammina prima del sorgere del sole fino a notte fonda tra la giungla impervia o sprofondando nella neve del Canada; rimane sott’acqua con mani e piedi legati per affrontare la paura dell’annegamento e cercare di sopravvivere; struscia steso nel fango, sotto la pioggia battente incurante del suo corpo freddo e zuppo fino al midollo.
Stando all’ultima relazione sullo stato della disciplina militare, il 6% degli appartenenti alle forze armate italiane sono donne. Gli impieghi sono in tutto e per tutto uguali agli uomini: piloti di aereo ed elicotteri, equipaggi di sottomarini e carri armati, bersaglieri, alpini e paracadutisti donne.
Unica eccezione è il reparto delle forze armate in cui i test fisici sono molto severi, ma ci stiamo avvicinando molto.

L’allenamento inizia a casa.

Prima fase di allenamento: le prove individuali.
Ore 6.00: suona la sveglia. La donna marine scatta in piedi come una molla, già vestita con pigiama in pile anti mina e ciabatte-anfibi. Come una pantera in agguato scivola in cucina senza far rumore.

Ore 6.06: la moka del caffè è sul fuoco, le tazze del latte disposte a tavola. Con un coltello, così maneggevole affilato da fare la barba a chiunque entri in quel momento, pela mele e arance per una spremuta energizzante.

Ore 6.12: frutta tagliata e centrifugata, apparecchio lavato e asciugato. Ha trenta secondi per rimontarlo come fosse il fucile in dotazione. Click, toc, block, frusch. Motore rimontato e cucina pulita.

Ore 6.20: sotto la pioggia battente, la donna marine esce a prendere il bidone del vetro appena svuotato, lo trascina, lo solleva e lo capovolge per pulirlo mentre i capelli ritornano allo stato bagnato della sera precedente dopo la doccia. Le ciabatte sono zuppe e pesano come due blocchi di cemento, i muscoli del polpaccio si ingrossano e tendono verso uno sforzo quasi maschile, ma nulla la può fermare: quel bidone deve essere lavato.

Ore 6.30: strisciando tra il fango e la pioggia, arriva in lavanderia dove apre l’oblò della lavatrice e affronta tre minuti di apnea dividendo calzini bianchi della partita di pallavolo, calzini scuri degli stivali in plastica, ma all’ultima moda, della figlia e tutine macchiate di minestrina, stelline e bave. Con la precisione di un alchimista e la velocità di un giocoliere versa detersivo, ammorbidente e profumatore nelle vaschette.

Ore 6.33: esce dalla lavanderia e respira.

Ore 6.34: spalanca le finestre del salotto, sala, cucina e bagno, scaccia i pinguini che vogliono entrare (ormai fradici e infreddoliti anche loro), sbatte i tappeti finemente intrecciati in spago indiano dal peso di 100 grammi al metro quadro per un totale di quindici chili complessivi, esclusa polvere sollevata, acari svolazzanti e peli di gatto sugli occhi.

Ore 6.45: chiude tutte le finestre, rincorre un pinguino che si è nascosto sotto il tavolo in cucina, lo lancia fuori come fosse una granata e sale a svegliare i figli.

Seconda fase di allenamento: le prove di squadra.
La collaborazione: con il bambino di due anni in un braccio e i capelli della figlia stretti nell’altra mano, scende le scale senza farli cadere e li accompagna in bagno. Incastra il culo del bambino sul water e insegue la maggiore con una forbice per tagliarle la maglietta troppo scollata che vuole indossare.

L’igiene: disincastra il bambino dal water e lo ficca sotto la doccia fredda (diverrà calda a fine risciacquo), pettina la figlia con una coda di cavallo così tesa da allungarle gli occhi alle tempie.
Mentre con una gamba sorregge il piccolo che vuole uscire dalla doccia, passandogli l’asciugamano con il piede, serra la mandibola della figlia tra pollice e medio, le apre la bocca, le spreme tre centimetri di dentifricio e le ficca lo spazzolino in gola.

Una sana alimentazione: latte e caffè pronto sulla tovaglietta vinta con i punti del Mulino Bianco per la ragazza e latte con Nesquik per il piccolo uomo. Succo centrifugato per entrambi, acido come un limone marcio appena spremuto perché preparato con troppo largo anticipo.
A fine colazione il ficus, già abbastanza appassito, ha nel sottovaso un liquido arancione simile a quello d’arancia, la ragazza i baffi sporchi di Nesquik e il piccolo più nervoso di prima per la tazza di caffè.

Terza fase di allenamento: la fiducia reciproca.
Mentre la donna si infila un paio di pantaloni presi dal cesto della biancheria sporca e le scarpe da ginnastica slacciate, la figlia esce di casa con il fratellino per mano.
La donna tira la porta dietro di sé, chiude a chiave. No, rientra. Rincorre il pinguino che è entrato di nascosto quando la figlia è uscita, lo prende tra collo e coda, con uno slancio lo fa planare verso il campo del vicino.
Richiude il portone, sale in auto, preme il telecomando e apre il cancello, ingrana la marcia e parte.
Al primo incrocio si volta. Manca un figlio. Retro, cancello, casa, figlio lasciato in giardino.
Prima, partenza, incrocio.
Scuola.